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Quando la morte si fa danza

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Félicien Rops, La morte al ballo, 1882

Félicien Rops, La morte al ballo, 1882

 

“… Eppure, chi non ha stretto fra le sue braccia uno scheletro?
Chi non s’è nutrito con le cose della tomba?
Che importano profumo, abito, toletta?
Chi fa il disgustato, mostra di credersi bello.

Baiadera senza naso, irresistibile baldracca!
di’ dunque a questi ballerini che fanno i contrariati:
Malgrado cipria e rossetto, puzzate tutti di morte.
ballerini che vi volete fieri, scheletri muschiati,

Antinoi sfioriti, dandy glabri,
cadaveri verniciati, vitaioli canuti?
Nel gioco universale della danza macabra,
siete trascinati, verso luoghi sconosciuti!

Dai freddi lungo-Senna alle rive brucianti del Gange
la mandria dei mortali salta e s’inebria senza vedere
la tromba dell’Angelo, da un buco del soffitto,
sinistra, spalancata come un nero schioppo.”
(Charles Baudelaire, da “Danza macabra”)

Giacomo Borlone de Buschis, Danza Macabra, 1485, dettaglio dell'affresco nell'oratorio dei Disciplini di Clusone

Giacomo Borlone de Buschis, Danza Macabra, 1485, dettaglio dell’affresco nell’oratorio dei Disciplini di Clusone

Eros e Thanatos, Amore e Morte, istinti primordiali, ossessioni persistenti, temi dominanti dell’umanità dalla notte dei tempi: pulsioni di vita e di morte che si avvinghiano in un groviglio inestricabile.

La Danza Macabra è un archetipo letterario e un motivo iconografico che racchiude queste due pulsioni ancestrali: la vita che si esprime nella danza come esorcismo contro la morte.
Nata nel tardo medioevo, alla danza macabra partecipavano uomini e scheletri, personificazione della Morte.

Frammento dell'affresco della Danza macabra, XV secolo, Abbazia di Chaise-Dieu, Alvernia

Frammento dell’affresco della Danza macabra, XV secolo, Abbazia di Chaise-Dieu, Alvernia

In origine la danza macabra presentava solo uomini potenti, ciascuno con le insegne tipiche del proprio rango sociale, arrivando poi ad inglobare rappresentanti della politica e della plebe per giungere, in seguito, a raffigurare perfino le donne, come meditazione sulla bellezza e sulla giovinezza perduta.

Attorno agli umani ballavano gli scheletri, il cui scopo era quello di ricordare come la morte fosse un evento ineluttabile e colpisse tutti senza alcuna distinzione: la morte come elemento riequilibratore di ogni ingiustizia, destino inesorabile comune a tutti gli uomini. Non vi è ricchezza, bellezza, fama o prestigio atto a privilegiare gli individui perché tutti devono soccombere alla grande livellatrice.

Vincent de Kastav , Danza macabra, particolare dell'affresco a St. Mary at Škrilinah, Beram, 1474

Vincent de Kastav , Danza macabra, particolare dell’affresco a St. Mary at Škrilinah, Beram, 1474

“La morte in un’ora tutto disfa
A cosa vale la bellezza, a cosa vale la ricchezza?
A cosa valgono gli onori, a cosa vale la nobiltà”
(Hélinand de Froidmont, Versi della Morte, 1194-1197)

Anonimo, Danza macabra, Germania, XVI secolo

Anonimo, Danza macabra, Germania, XVI secolo

 

La danza macabra risulta così essere una preziosa testimonianza del clima morale e spirituale che regnava nel Medioevo, epoca che coltivò con grande insistenza l’idea della morte anche a causa della grande peste del 1348 che decimò le popolazioni di tutta Europa, generando angoscia e terrore nella generazione che sopravvisse ai suoi assalti più violenti. Morte dunque non solamente come memento mori, ma anche come satira sociale perché in essa i poveri potevano vedere i ricchi come uguali a loro.

Albrecht Kauw, Danza macabra, 1649

Albrecht Kauw, Danza macabra, 1649

Le prime raffigurazioni pittoriche della danza macabra risalgono ai primi decenni del Quattrocento: processioni o girotondi di uomini vivi di differenti età, sesso e classe sociale, intervallati da scheletri o da carcasse danzanti.

A volte si tratta di rappresentazioni strutturate e dettagliate dove la fila comincia con i potenti per poi procedere con i ricchi, i borghesi, gli artigiani, fino ai poveri e ai contadini; altre volte ci troviamo dinanzi a processioni di coppie attorniate da scheletri beffardi che invitano alla danza.
Vi sono comunque numerose varianti sul tema: dalle composizioni più complete ed elaborate, a quelle più elementari, dove, in alcuni casi, possono apparire elementi esterni alla danza stessa.

Il senso unificante di tutte le varie declinazioni risiede comunque nella drammatica scoperta di un destino individuale comune e ineluttabile.

James Ensor, Le maschere e la Morte, 1897

James Ensor, Le maschere e la Morte, 1897

Jons: Che cosa dipingi?
Pittore: La Danza della Morte.
Jons: E quella è la morte?
Pittore: Sì, che danza trascinandosi dietro tutti quanti.
Jons: Perché fai questi sgorbi?
Pittore: Perché penso che bisogna ricordare alla gente che tutti dobbiamo morire.
Jons: Non servirà certo a renderla più felice.
Pittore: E perché diavolo si dovrebbe sempre cercare di renderla felice? A volte si può anche spaventarla un po’.
Jons: Chiuderanno gli occhi e non guarderanno il tuo dipinto.
Pittore: Puoi star sicuro che lo guarderanno. Un teschio è quasi più interessante di una donna nuda.
Jons: E se li spaventi?
Pittore: Li fai pensare.
Jons: E se pensano?
Pittore: Si spaventano ancora di più.
Jons: E così correranno a gettarsi in braccio ai preti.
Pittore: Questo non mi riguarda. Io mi limito a mostrare le cose come sono, poi ognuno può fare quel che vuole.
(Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, 1956)

Bernt Notke, Danza macabra, particolare dell'affresco presso la chiesa di san Nicolò, Tallin

Bernt Notke, Danza macabra, particolare dell’affresco presso la chiesa di san Nicolò, Tallin

Con l’avvento dell’Umanesimo e dell’età rinascimentale, venendo meno le premesse che avevano portato alla sua diffusione, la danza macabra perse d’importanza per riemergere durante il Romanticismo, tornando ad ispirare poeti, pittori e musicisti.

Il Romanticismo, soprattutto quello tedesco, esaltò il senso drammatico della morte, come dolore estremo ed inconsolabile, alimentando il nuovo culto delle tombe e dei cimiteri.

Il macabro che si accompagna all’erotico in quel mistico ricongiungimento di Amore e di Morte, Eros e Thanatos, danza della Vita danza della Morte.

Edvard Munch, La danza della vita, 1900

Edvard Munch, La danza della vita, 1900

Fiera della sua nobile statura, come una persona viva,
col suo gran mazzo di fiori, il fazzoletto e i guanti,
lei ha la noncuranza e la disinvoltura
d’una civetta magra dall’aria stravagante.

Hai visto mai al ballo una vita più sottile?
La sua veste esagerata, nella sua ampiezza regale,
ricade abbondante sopra un piede magro, stretto
nella scarpina infiocchettata, graziosa come un fiore.

Il collarino che le scherza intorno alle clavicole,
come un ruscello lascivo strisciante contro la roccia,
difende pudico dai lazzi ridicoli
le funebri grazie che vuole nascondere.

Che occhi profondi di vuoto e di tenebre!
Come oscilla mollemente sulle fragili vertebre
il suo cranio acconciato di fiori con arte!
Oh, fascino d’un nulla follemente agghindato!

(Charles Baudelaire, da Danza macabra)

Pieter Bruegel il Vecchio, Trionfo della Morte, 1562

Pieter Bruegel il Vecchio, Trionfo della Morte, 1562



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